Cosenza 25/11/2020
Di Ahmed Berraou *
Nell'arco di venti anni della mia attività di mediatore linguistico
culturale, sia nei pressi dei centri di accoglienza sia nel mio
attivismo sociale e sindacale ho eseguito tanti percorsi formativi
nell'ambito della mediazione culturale e ho avuto due certificati di
frequenza con enti accreditati della regione Calabria.
E un prestigioso diploma di Alta formazione con 12 crediti informativi
universitari. oltre alla mia padronanza di 5 lingue e mia esperienza
di più di 15 anni di associazionismo culturale come presidente e
fondatore dell'associazione interculturale Daawaodv.com.
Tutto questo sacrificio che ho fatto non mi ha consentito di avere un
vero riconoscimento del mio ruolo e delle mie competenze nella società
italiana e nel mondo del lavoro, che è stato sempre frammentato,
precariato e ricattato perché la figura del mediatore culturale è
stata sempre una figura poco chiara e di capacità versatile,
interpretata da diversi modi; esempio quella definizione che si trova
in un documento ufficiale del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia
e del Lavoro) descrive così il Mediatore culturale:
(Agente attivo nel processo di integrazione che si pone fra gli
stranieri e le istituzioni, i servizi pubblici e le strutture private,
senza sostituirsi né agli uni né alle altre, per favorire invece il
raccordo fra i soggetti di culture diverse).
1- RUOLO E RICONOSCIMENTO
Il ruolo del Mediatore culturale sta assumendo sempre più importanza,
soprattutto in Italia, dove annualmente si contano migliaia di
ingressi di stranieri intenzionati a stabilirsi definitivamente nel
Paese.
Spesso il compito del Mediatore è confuso con quello dell’interprete,
ovvero di un tramite esclusivamente linguistico tra individui
stranieri ed istituzioni locali, ma questa mancata distinzione tra
mediatore ed interprete tralascia una caratteristica fondamentale
della mediazione: l'attività socio-culturale “unione tra due parti”,
caratteristica che non appartiene all’interprete.
La figura del Mediatore Culturale in cui il ruolo è quello di mediare
tra cittadini immigrati e società civile, con l’obiettivo di far
crollare le barriere culturali e linguistiche e promuovere la cultura
dell’accoglienza. Si tratta di un vero e proprio
intermediario, che fornisce una serie di informazioni su aspetti
relativi alla normativa e ai servizi pubblici e privati italiani. Il
Mediatore Culturale lavora in stretta sinergia con vari enti,
organismi e istituzioni pubbliche, intervenendo in
qualità di facilitatore in tutte le situazioni di difficoltà
linguistica e comunicativa tra immigrato e società. Il Mediatore
accompagna gli immigrati nell’accesso ai servizi socio-sanitari e
assistenziali, all’inserimento scolastico e alla altre opportunità
educativo-formative. È una figura relativamente giovane; Non c’è
ancora una visione di sistema e ben strutturata (siamo nel campo della
sperimentazione); Frammentazione e mancanza di organicità dei servizi
in cui può essere impiegata la figura del Mediatore.
2- STATISTICHE
Sono state condotte indagini su un campione di 248 Mediatori (circa il
35% del totale dichiarato) su tutto il territorio italiano ed è
risultato che il servizio di mediazione interlinguistica ed
interculturale offerto alla popolazione è maggiormente concentrato al
Nord (54,1%) e al Centro (30,3%), dati che rispecchiano gli
insediamenti degli immigrati in Italia.
Nelle stesse aree il servizio si svolge nel 39% dei casi a livello
provinciale e regionale, mentre nel 55,1% a livello distrettuale,
municipale, circoscrizionale e cittadino.
Il primo contatto che lo straniero ha in Italia è, infatti, con il
Comune in cui giunge, poi solo in un secondo tempo con organi
superiori, come Regioni e Province.
La mediazione culturale è concentrata maggiormente nel settore
pubblico (89%), mentre minima è la presenza del servizio all’interno
di imprese e sindacati (2,4%).
Gli ambiti in cui è richiesto l’intervento di un Mediatore
riguardano prima di tutto i servizi sociali (35,5%) ed
educativi/scolastici (33.6%), in terza posizione vi sono i servizi
sanitari (13,5%). Minore richiesta è stata riscontrata, invece,
nell’area penale e giudiziaria (6,4%).
L’indagine ha preso in considerazione anche le tipologie di servizio
richieste: al primo posto con il 34,9% si pone l’area che comprende la
prima accoglienza di immigrati e di coloro che chiedono asilo politico
e il sostegno agli stranieri (compilazione di documentazione e
informazione sui loro diritti); al secondo posto con il 26,4% vi è
l’area relativa ai minori e alla scuola. Questo è indice del fatto che
la mediazione è ancora intesa
come aiuto rispetto all’accoglienza, all’informazione e
all’orientamento degli stranieri e dei servizi pubblici, è cioè un
aiuto alla base dell’integrazione, il Mediatore è la “prima
interfaccia” tra immigrato e istituzioni locali.
Il ruolo strategico del Mediatore Culturale si inserisce dunque in una
pluralità di contesti e di funzioni, in cui risultano fondamentali le
capacità e le abilità intrinseche al mediatore stesso. Tra queste le
competenze comunicative, relazionali e la capacità di creare un clima
di fiducia reciproco con il suo interlocutore. Nonostante il
retroterra culturale e sociale possa essere lo stesso, il Mediatore
deve sempre ricordare di non identificarsi con l’immigrato e cercare
di mantenere un atteggiamento di fiducia, equilibrato e imparziale.
Il Mediatore Culturale diventerà sempre più «informatore» e
«promotore» di processi di inclusione sociale, una figura strategica
anche per la sua funzione di promozione, sensibilizzazione e
pubblicizzazione di specifici servizi rivolti a famiglie e bambini
immigrati, insegnanti, educatori e operatori italiani.
3 COMPETENZE E ABILITA'
Le competenze richieste ad un Mediatore linguistico ed culturale sono:
• Capacità di analizzare i bisogni e le risorse dell’utente immigrato
(far emergere le esigenze e i bisogni dell'immigrato; identificare le
criticità relative alla situazione dell'immigrato; aiutare l'utente
nell’esplicitazione dei propri bisogni, sintomi ed esigenze);
• Validità nell’analizzare il contesto di intervento (individuare i
vincoli e le opportunità dei contesti territoriali; rilevare le
informazioni sull’accesso ai servizi territoriali;
definire gli strumenti e i piani di intervento in collaborazione con
gli operatori dei servizi).
• Capacità di orientare il cittadino straniero (promuovere le identità
dei singoli nel rispetto delle differenze; identificare i bisogni
della condizione migrante; diffondere i valori della cittadinanza e
dell’integrazione).
• Abilità nel progettare iniziative e strumenti di integrazione
culturale all’interno dei differenti contesti di vita (definire
aspetti chiave del servizio di mediazione; adeguare gli interventi
offerti; definire l’offerta dei servizi di mediazione e integrazione
interculturale; programmare l’erogazione degli interventi alla
persona).
• Possibilità di mediare tra immigrati e istituzioni (coadiuvare le
strutture e i servizi operanti nell'ambito di riferimento; affiancare
le équipe sociosanitarie, educative, culturali, formative,
amministrative; partecipare a momenti di raccordo fra servizi e
volontariato; sostenere i contesti di collaborazione e integrazione).
4- AMBITI DI INTERVENTO
Gli Ambiti in cui è assolutamente necessario la presenza della figura
del mediatore culturale e interculturale sono tanti ma i tre ambiti da
non scontare lo svolgimento di questo ruolo sono ben tre: l'ambito
scolastico, sanitario e penitenziario;
atrocità. Per far sì che avvenga una comunicazione migliore, una
comprensione migliore delle problematiche dello straniero, una vita
civile vissuta in pace con esso, serve necessariamente la figura del
Mediatore Culturale, sia per agevolare le comunicazioni per delle
relazioni più facili e immediate, sia per l’integrazione e per
mantenere così l’intera società unita. Il
mediatore culturale, al giorno d’oggi è quella figura alla quale non
solo nessun Paese può rinunciare, ma è quella figura necessaria per
vedere con occhi nuovi gli stranieri e
abbandonare ogni tipo di pregiudizio contro di essi. È l’umanità
intera che richiede la figura del mediatore culturale perché provare
disprezzo, repulsione o chiusura, nei confronti degli altri visti
“diversi” da noi, non aiuta a vivere bene in una società
multietnica, che è la società che si sta formando ai giorni nostri.
Serve perciò un’apertura non solo dei confini, ma un’apertura della
mente e soprattutto del cuore per accogliere chi ha bisogno di
integrazione.
Altronde, i mediatori culturali, Interculturali linguistici e
interpreti, che lavorano nei centri di accoglienza migranti, sbarchi,
Hotspot, Sprar.. con gli enti pubblici, scolastici, formativi,
sanitari, nelle questure, prefetture, Tribunali, comuni, province,
regioni, agenzie delle entrate, Anpal, uffici per l'impiego,
sindacati, fondazioni, cooperative, associazioni e altro.. Finché
saranno titolati, superpartes e liberi di svolgere le loro funzioni in
massima professionalità e competenza, bisogna stabilire una legge
chiara e specifica della categoria del settore che garantisca loro
dignità, salute psicologica e salario conveniente, questa categoria
professionale molto sensibile e di grande prestigio capace di
facilitare l'incontro e svolgere un ruolo primordiale in una società
multietnica e multiculturale, altrimenti rimaniamo sempre nel circolo
del cane che morde la coda, tutti sono bravi a criticare la gestione
dell'immigrazione ma spariscono quando si tratta di un vero confronto
e ricerca di soluzioni la quale bisogna sanare e promuovere una
funzione così importante nel metissage della società che dichiara
essere accogliente e solidale che rispetta la sua costituzione.
Noi mediatori culturali abbiamo sofferto molto da attacchi continui da
tutte le parti, senza avere diritti, dignità e riconoscimento sentiamo
isolati in precarietà e esclusi da questa società mentre facciamo
sacrifici soprattutto a scapito della nostra salute, con un lavoro
molto difficile e stressante siamo pronti a lottare per la nostra
causa.
Ahmed Berraou: Mediatore culturale attivista socio-culturale e
ricercatore nell'università della Calabria.