Vivere il sociale con Daawa.odv

La difficoltà di integrazione sono la causa principale della diffusione dell’alcolismo fra gli immigrati. In assenza di dati precisi, è comunque questo il dato che mette d’accordo gli operatori e gli studiosi del fenomeno, unito al fatto che fra i migranti le richieste di aiuto per uscire dalla dipendenza dall’alcol sono in crescita. «Un immigrato che vive in condizioni precarie trova nell’alcol un facile compagno — dicono molti operatori — e dall’altra parte il ricorso frequente all’alcol diventa un ostacolo all’integrazione».

la storia di Kofi che sto per raccontare è una di decine di esempi che ho incontrato nel mio cammino al mondo dell'accoglienza, solidarietà, mediazione ,sostegno e volontariato. 

Lo chiamano Kofi ma il suo vero nome è Ismaele. Non parla molto, Ismaele, ma quando beve qualche bicchiere in più parla incessantemente, sebbene con molta calma. Mi racconta della sua vita , di quello che prova, che sente dentro di sé. In realtà non ho bisogno di molte spiegazioni per capire il suo stato d'animo, mi basta guardarlo per capire i suoi pensieri e quello di cui ha bisogno. Tuttavia, ieri, mentre parlava della sua vita ad un certo punto  mi dice : "Cheikh Ahmed, tu hai buon cuore, ho molta fame, vorrei mangiare". L'ho lasciato senza dirgli nulla, dopo qualche ora ho bussato alla sua porta,  e senza proferire parola, sono entrato in casa ed gli ho lasciato una piccola busta con la spesa. Ismael non è un nigeriano, no lui è un vero ghanese non chiede mai soldi, non chiede mai l'elemosina. È un uomo con molta dignità. Ha un problema con l'alcol, beve, beve molto, purtroppo. Non sono mai riuscito, sebbene abbia provato diverse volte, a farlo uscire da questa sua condizione di alcolista.

L'altra volta ho dovuto accompagnare al pronto soccorso dopo che è stato pestato e insanguinato da una banda di italiani. 

  Non manca mai di farmi visita, ci vediamo quasi ogni giorno, mi rispetta molto, è sempre educato e garbato nei miei riguardi e nei riguardi degli altri fratelli. Ha frequentato anche la nostra Moschea, per seguire gli insegnamenti dei suoi genitori. Mi parla spesso, commosso, della sua mamma alla quale è molto legato e soffre per la sua lontananza. Ha un animo buono Ismaele, vorrebbe aiutare anche gli altri ma la sua generosità e gentilezza innata  si scontra con la sua povertà materiale. Io voglio molto bene a Kofi, perché è un uomo educato, gentile ed affabile. Vorrei aiutarlo ancora di più, perché so che ha bisogno di un lavoro , di una famiglia e di una casa. Ma ha problemi anche con i suoi documenti,  non è riuscito ad avere il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ho provato ad aiutarlo anche in questo ma nonostante i mie sforzi non ci sono uscito, le leggi italiane non consentono di stabilizzare la sua situazione, non ha la possibilità di richiedere neppure una carta d'identità. Si ritrova così ad essere in una "terra di mezzo" e non sa neppure lui se considerarsi un ghanese  oppure un italiano. Lui che ama l'Italia ed ha lasciato il suo Paese per una vita migliore si ritrova a vagare senza meta e senza futuro nella Terra che per molti è ancora oggi Terra di sogni e di speranze.

 L'Italia che era un paese all'avanguardia per l'accoglienza ed il recupero delle persone disagiate, che garantiva un reinserimento economico e sociale, oggi a causa della crisi economica e del welfare, che ha penalizzato soprattutto il sud d'Italia, non riesce più ad accogliere le molte persone che cercano rifugio in questa Terra meravigliosa. Tuttavia nonostante i problemi che pur ci sono, mi sento di dover dire, ad un 'umanità che ha perso il cammino verso la fratellanza e corre        senza avere una meta né un fine, che se non si riesce a garantire un futuro a gente come Kofi, agli ultimi ed  ai bisognosi, nessuno potrà mai essere e sentirsi felice. Così come non sono felice io che conosco Kofi ed ho provato a raccontare la sua storia di uomo che cerca la sua libertà.

Ahmed Berraou.